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I manuali di storia in adozione negli Istituti superiori trattano ormai ampiamente la seconda metà del Novecento e si spingono fino ai giorni nostri. Questa è una necessità per tutti e, in particolare, una richiesta degli studenti, che sentono il bisogno di orientarsi in un mondo complesso e in veloce trasformazione.
Affrontare questo periodo storico ripropone due questioni: la prima è la classica disputa su ciò che, della contemporaneità, sia da considerarsi storia o ancora solo cronaca, se cioè devono passare diversi anni perché l’occhio dello storico sia sufficientemente lontano dai fatti (lontano quanto?) per poterli interpretare oggettivamente, secondo l’insegnamento di Marc Bloch per cui «Il passato costituisce la materia del mio insegnamento», o se, comunque, difronte alla reale consistenza di fonti, vagliate nella loro veridicità, sia corretto trattare l’attualità come storia.
L’altra questione riguarda la tematizzazione e la periodizzazione: sfogliando gli ultimi manuali di storia non sembrano esserci né una scelta comune dei temi da privilegiare né la condivisione di date simbolo, che variano, appunto, in rapporto alla lettura storica che si intende approfondire: se diplomatica, politica, sociale, economica, tecnologica, ambientale o altro.
Proporre agli insegnanti un convegno e un’unità formativa sul ‘68 ha voluto dire entrare in questo dibattito e operare una scelta, considerare questa come data simbolo, in quanto espressione di caratteri originali che la rendono nuova e diversa rispetto alla fase storica precedente e a quella successiva, e scegliere la prospettiva del cosiddetto lungo ‘68 come interpretazione. Da qui il titolo del corso di formazione: Eredità e memoria del ‘68.
Negli incontri con i relatori il tema è stato esaminato sotto le più diverse angolature: dalla storiografia alla politica, dalle contestazioni studentesche a quelle degli operai, dal cinema alla musica, dalla moda all’arte, dalla letteratura alla psichiatria, dalla sessualità alla religiosità, dalla dimensione internazionale a quella locale e viceversa.
Il laboratorio didattico è invece stata l’occasione per confrontarsi non solo con una documentazione tradizionale ma anche con fonti non usuali nel lavoro didattico quotidiano come per esempio i volantini prodotti dai numerosi circoli politici, il resoconto delle assemblee popolari sui temi della psichiatria, gli articoli dei giornali dell’epoca, le lettere di professori universitari sul tema delle proteste studentesche, gli studi sui meccanismi dell’educazione dei bambini e delle bambine in quegli anni e le interviste ai protagonisti di allora.
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